LE PAGINE BIANCHE DI ANNE FRANK

sabato 26 dicembre 2015

ADULTI O GENITORI?

Oggi parliamo di adulti e genitori; dal punto di vista di Anne Frank, naturalmente! Ovvio che il giudizio di questa speciale e geniale ragazzina, affamata di cultura e di poesia, non possa che essere critico, valutativo e spesso avverso, sia per l’età adolescenziale che per la “cattività” cui è stata costretta per oltre due anni. Convivere con dei “Signori adulti”, rimanere sempre sotto osservazione e a portata di mano, non dev’essere stato facile. Nemmeno per la nostra povera Annina. In fondo, credo che il Diario di Anne Frank sia tutto qui, nella sua continua lotta interiore per non vedersi travolta e affogata dai continui giudizi dei cinque clandestini adulti, dai quali si sentiva messa alle corde. Una disperata lotta per far emergere i suoi bei sentimenti di amore per la vita, di fede e speranza per un luminoso futuro. Tratto da: Il Diario di Anne Frank Sabato, 15 luglio 1944 Cara Kitty, abbiamo avuto dalla biblioteca un libro dal titolo: "Hoe vindt u het moderne meijsje?" [Che pensate della ragazza moderna?] Oggi vorrei parlare di questo argomento. L'autrice critica da cima a fondo "la gioventù d'oggi", senza tuttavia condannarla del tutto come buona a nulla. Anzi, è piuttosto d'opinione che la gioventù, se volesse, potrebbe costruire un mondo più grande, più bello e migliore; essa ne ha i mezzi, ma si occupa di frivolezze senza degnare di uno sguardo le cose veramente belle. In alcuni passi avevo l'impressione che la scrittrice riferisse a me i suoi biasimi, e perciò voglio finalmente aprirmi con te e difendermi da questo attacco. Nel mio carattere c'è un tratto molto spiccato che colpisce tutti coloro che hanno dimestichezza con me: la conoscenza che io ho di me stessa. In tutti i miei atti io posso studiarmi come se io fossi un'estranea. Io mi pongo di fronte all'Anna di tutti i giorni senza prevenzioni e senza scuse e osservo ciò che essa fa di bene e ciò che fa di male. Questo "senso di me stessa" non mi abbandona mai, e non appena ho pronunciato una parola so subito se ho parlato bene o se avrei dovuto parlare diversamente. Mi condanno in innumerevoli cose e sempre più mi convinco che è giusta la massima di papà: "Ogni bambino deve educare se stesso". I genitori non possono dare che consigli o un buon indirizzo, ma tutto sommato ciascuno deve formare da sé il proprio carattere. A ciò si aggiunga che ho un coraggio e una vitalità fuor del comune, che mi sento sempre così forte e pronta a sopportare qualunque cosa, così libera e giovane! Quando me ne accorsi per la prima volta ne fui felice, perché non credo che piegherò facilmente sotto i colpi a cui nessuno sfugge. Ma di queste cose ho già troppo sovente parlato. Ora vorrei venire al capitolo "Papà e mamma non mi capiscono". Mio padre e mia madre mi hanno sempre molto viziata, sono stati molto cari con me, mi hanno difesa e hanno fatto tutto ciò che possono fare dei genitori. Eppure mi sono sentita a lungo terribilmente sola, esclusa, abbandonata e incompresa. Il babbo fece tutto il possibile per temperare il mio impeto ribelle, ma non c'era niente che servisse; mi sono guarita da me, studiando quello che c'era di errato nella mia condotta. Perché dunque il babbo non mi è mai stato di appoggio nella mia lotta, perché è sempre fallito quando ha voluto offrirmi una mano soccorritrice? Il babbo non ha seguito la via giusta, mi ha sempre parlato come si parla a una bimba che deve superare una difficile fase dell'infanzia. Ciò suona strano, perché il babbo è l'unico che mi abbia sempre accordato la sua confidenza, e dato la sensazione di esser una ragazza intelligente. Ma ha trascurato una cosa: cioè non si è accorto che la mia lotta per emergere era per me l'essenziale. Non volevo sentir parlare di "fenomeni dell'età", di "altre ragazze", di "cose che passano da sé"; volevo essere trattata non da ragazza-come-tutte-le-altre, ma da Anna-così-come-è. Pim non lo capiva. D'altronde, io non so accordare la mia confidenza a chi non mi racconta molto di sé; e siccome conosco pochissimo di Pim, non posso entrare in intimità con lui. Pim assume sempre l'atteggiamento del vecchio genitore, che ha avuto anche lui a suo tempo simili passeggere inclinazioni, ma per quanto si sforzi non può più riviverle con me come amico. Queste cose mi hanno indotto a non comunicare le mie vedute sulla vita e le mie ben ponderate teorie ad altri che al mio diario, e una volta sola a Margot. Al babbo ho tenuto nascosto tutto ciò che riguardava il mio intimo: non l'ho mai fatto partecipe delle mie idee e l'ho volutamente e consciamente estraniato da me. Non potevo fare altrimenti, ho sempre agito secondo il mio sentimento, ma ho agito nel modo migliore per la mia pace interiore. Giacché riperderei completamente la pace e la fiducia in me stessa, costruite a fatica e ancor tanto instabili, se ora dovessi subire delle critiche alla mia opera ancora incompiuta. E non le tollererei nemmeno da Pim, per quanto ciò sembri duro, perché non soltanto l'ho tenuto all'oscuro della mia vita intima, ma spesso l'ho respinto ancor più lontano da me colla mia scontrosità. Questo è un punto a cui penso molto: per quale ragione Pim mi infastidisce tanto? Perché non posso quasi studiare con lui, le sue carezze mi sembrano affettate, perché voglio essere lasciata in pace e preferirei che egli non si curasse di me fino a quando mi sentissi più sicura di fronte a lui? La ragione è questa, che io ancora mi rodo dal rimorso per quella brutta lettera che ho osato scrivergli in un momento di esaltazione. Oh, come è difficile essere davvero forti e coraggiosi sotto ogni aspetto! Tratto da Venerdì 18 agosto 1944 Cara Kitty, per i miei gusti qui si parla troppo d’invasione, di fame, di campi di sterminio, camere a gas, lavori forzati, malattie, guerre, morte. Basta, dico io! E’ già sufficiente essere immersi realmente fino al collo in questa palude di tristezza e di miserie, da non doversi agitare ancor di più per cose che devono ancora avvenire e non è detto che succedano per davvero! La Signora dice «E’ molto diverso trovarci qui, prigionieri, piuttosto che liberi, nell’Alloggio segreto, dove avevamo tutte le comodità, le lenzuola, la camicia da notte», (e il vaso, aggiungo io!) «Non c’è un minimo di comodità per condurre una vita dignitosa». Siamo alla fiera dell’ovvietà: come si può paragonare tutto quello che avevamo da mangiare, un bagno “per pochi intimi”, letti, coperte, vestiti, cibo?! E libri da leggere, la radio e la corrente elettrica! Ci mancava solo l’aria e la luce del giorno, ma di queste, almeno adesso, ne abbiamo in abbondanza. Mans e Pim cercano di avere più notizie possibili su Westerbork, sulle possibilità di migliorare la nostra attuale condizione e sugli sviluppi futuri. Sembrerebbe che anche qui, proprio in seno al Consiglio Ebraico, ci sia qualcuno che fa “il bello e il cattivo tempo”, in grado, cioè, di posticipare anche le partenze. Ci vorrebbe però una buona conoscenza, che per il momento non abbiamo. Peter oggi ha detto: «Molti internati si sono dati al baratto; scambiano tutto quello che possiedono per cibo o vestiti. Dovremmo cercare di partecipare anche noi, visto che le razioni scarseggiano e il freddo comincia a farsi sentire». Sig. Van Pels: «Allora io cercherò di approfittarne, cercando di procurarmi delle sigarette! Kerli cara, di cosa disponiamo per questo baratto?» (Silenzio eloquente). «Ma Putti, come puoi pensare a fumare, se non abbiamo da mangiare? Piuttosto, io baratterei qualcosa per un vestito o per una coperta!» E giù litigi, conditi con epiteti tanto sgradevoli quanto inopportuni, ma secondo la migliore tradizione dei coniugi del “piano di sopra”! Margot e Pfeffer, invece, non replicano mai. Mia sorella, perché è come il solito chiusa nel suo mondo, accettando, forse in maniera solo apparentemente impassibile, tutto quello che le succede intorno; l’Illustre dottore, invece, è ormai con la testa altrove, perso in amorose corrispondenze immaginarie con la sua donnina, Charlotte. E chissà che non riceva anche qui dei pacchi, che miseramente occulta e consuma da solo. Non mi meraviglierei affatto, sarebbe tipico del personaggio! Comunque preferisco così, forse sono riuscita a liberarmene una volta per tutte. Se c’è una cosa che mi fa irritare, è quando la madama mi dice: «Comportati da adulta!» In verità, è proprio quello che non voglio fare! Gli adulti fanno di tutto per essere infelici, non c’è niente di edificante nell’essere come loro, specie se si comportano come i Van Pels! Ci irridono quando discutiamo di argomenti seri e ci prestano tutta la loro attenzione quando parliamo di questioni stupide e prive d’importanza. Hanno comportamenti fuori da ogni logica: sorvolano o sono impacciati su questioni importanti come il sesso e invece ti fanno il processo alle intenzioni se dici una parolina fuori posto, che non è di loro gradimento! Bah, valli a capire! Questi Saggi adulti sono esemplari misteriosi e incomprensibili: credono che noi adolescenti siamo la causa delle loro frustrazioni e lo specchio dei loro fallimenti. Vorrebbero entrare nelle nostre teste, sostituendosi a noi; ma noi non siamo come loro, anzi, non siamo loro! Dopo lunghe meditazioni, penso che la maniera più efficace per educare sia dando l’esempio, attraverso il comportamento, il proprio modo di essere e di pensare. Tra l’altro, proprio oggi abbiamo avuto un’altra discussione, sempre con gli ex inquilini del piano di sopra. Motivo? I soldi! Il succo della vicenda è che Putti e Kerli sostengono che con il denaro si può comprare tutto, perfino la libertà. O meglio, affermano che, se avessero avuto abbastanza soldi, si sarebbero potuti salvare. «Ognuno di noi ha un prezzo» ha dichiarato il reverendo «basta disporre della giusta moneta!» Io non voglio fare l’idealista, ma forse quest’ultima affermazione potrebbe essere obiettiva. Ognuno di noi ha un prezzo. Per esempio, pensa se ci minacciassero, puntando la pistola contro uno dei nostri cari: non saremmo disposti a tutto, pur di proteggerli? Ecco la nostra moneta di scambio, “Et voici notre prix!” A parte ciò, per il resto sono in completo disaccordo sul potere del denaro. Non credo possa portare la felicità. Con il denaro non puoi comprarti gli amici, né la fede, né l’amore, né la devozione, né l’entusiasmo, né la lealtà e nemmeno la pace. Puoi comprarti il cibo, ma non l’appetito, le medicine, ma non la salute, procurarti dei servitori, ma non la loro fedeltà. Molte persone compiono lunghi viaggi, girano il mondo, fanno molte esperienze mondane, ma non sono capaci di ammirare un albero nella sua essenza, oppure contemplare un fiore che cresce proprio davanti casa. Pur nella ricchezza, non hanno il dono della spiritualità, pensano che tutto sia loro dovuto. Mi è rimasto ben in mente quell’episodio della Bibbia, quando gli ebrei nel deserto rifiutarono Dio, per adorare un vitello d’oro. Come pensi che sia andata a finire? Sfortunatamente, di tutte queste cose, sarebbe inutile cercare di parlarne con i “Signori adulti”, specie se sono persone vuote come i Van Pels, oppure piene di boria come Pfeffer. E allora scrivo a te, sicura che mi comprenderai! Tua infinitamente grata, Anne “Testo protetto da Copyright; ISBN : 9788891096326” L'alloggio segreto in Prinsengracht 263 Amsterdam

sabato 19 dicembre 2015

CHE FINE HA FATTO l’AGENTE DELLE SS, SILBERBAUER, CHE ARRESTò ANNE FRANK

Già in un precedente post, ho avuto l’occasione di avanzare ipotesi circa l’autore del tradimento che portò all’arresto degli otto clandestini di Prinsengracht 263. Karl Josef Silberbauer è stato l’ufficiale ad eseguire l’arresto il 4 agosto 1944. Finora si sapeva che in seguito all’arresto degli otto clandestini e nonostante diversi processi a suo carico, non subì condanne né alcun tipo di sanzione. Alla fine della guerra ritornò a ricoprire il suo ruolo nella Polizia di Vienna. In realtà pare che ci sia ancora qualcosa da raccontare in proposito……… Tratto da http://marioavagliano.blogspot.it/2011/04/il-nazista-che-arresto-anna-frank.html Pubblicato da Mario Avagliano Il nazista che arrestò Anna Frank diventò 007 della Germania Ovest Karl Josef Silberbauer, l’ufficiale nazista che scovò e fece arrestare la quindicenne Anna Frank, ha lavorato durante gli anni della Guerra Fredda per i servizi segreti della Germania Federale (Bundesnachrichtendienst - BND) come informatore e reclutatore. A rivelarlo è stato il settimanale tedesco Focus, che ha citato le ricerche effettuate dal giornalista Peter-Ferdinand Koch negli archivi delle SS e della Cia. Ricerche che hanno dato luogo al libro Enttarnt (Smascherato).Nel suo libro, Koch sostiene che furono circa 200 gli agenti di Adolf Hitler reclutati in tempi diversi dai servizi della Germania Federale. Silberbauer era nato a Vienna nel giugno del 1911. Entrò nella Gestapo nel 1939 e nelle SS nel 1943. L'anno dopo arrestò Anna Frank e la sua famiglia ad Amsterdam. Koch cita documenti statunitensi e rivela che l'uomo fu localizzato da Simon Wiesenthal nel 1963. L'anno seguente Silberbauer venne sospeso dal servizio e posto sotto investigazione, ma venne successivamente liberato in quanto non avrebbe avuto niente a che fare con l'Olocausto. Secondo Focus, invece, l'uomo utilizzò nel lavoro da agente per il servizio segreto tedesco proprio i contatti con i vecchi camerati nazisti. Silberbauer morì nel 1972, a 61 anni. Annelies Marie Frank, dopo aver passato due anni nascosta in una casa di Amsterdam, venne arrestata, in quanto ebrea, da Silberbauer e dai suoi camerati nell'agosto del 1944. Morì alla fine di marzo dell'anno seguente nel campo di concentramento di Bergen-Belsen per tifo esantematico. Aveva quindici anni. Il suo diario, scritto mentre viveva in clandestinità ad Amsterdam, è uno dei libri più letti dell'era contemporanea. Nel ringraziare Mario Avagliano per questo articolo, approfitto dello spunto per riagganciarmi al mio libro, “Le Pagine bianche di Anne Frank”, e al racconto che Anne fa di quei momenti terribili dell’arresto………. Tutto è successo improvvisamente venerdì scorso. La mattinata procedeva secondo i consueti rituali previsti dal regolamento del nostro condominio: sveglia, processione in bagno e riassetto delle stanze. In meno di un’ora, come il solito, eravamo pronti per l’arrivo dei magazzinieri alle 8.30. Dopo colazione, Miep era passata per la lista della spesa e Pim era su da Peter per la lezione d’inglese. Margot ed io stavamo leggendo dei libri accanto al tavolo del salotto, dove era seduta anche mamma. Verso le 10.30 abbiamo sentito dei passi, seguiti da voci imperiose pronunciate in tedesco e da un tramestio vicino alla libreria. Margot ed io ci siamo guardate e abbiamo cominciato subito a capire. Stavolta non c’è stato il tempo di farci prendere dalla tremarella, perché è successo tutto molto in fretta, punto e basta! Fu molto, molto peggio, quella sera del giorno di Pasqua, quando ci spaventammo da matti e mancò poco che morissi d’infarto! Te ne ricordi, vero? Saprai allora che l’incertezza della pena è sempre peggiore della condanna stessa. Te lo dico con i lumi della ragione e dopo averlo vissuto di persona, amica mia! Improvvisamente la porta si è aperta e sono entrate delle guardie del Servizio di Sicurezza con le armi in pugno, precedute da Kugler. «Gestapo, tutti con le mani in alto», hanno gridato. Due di loro sono saliti al piano di sopra a prendere gli altri. Poi ci hanno perquisito. “Siamo perduti”, ho pensato dentro di me. Nessuno diceva una parola, eravamo tutti bianchi come stracci, con le mani in testa, le gambe tremanti e gli sguardi persi nel vuoto. Il capo delle SS continuava a sbraitare agli altri uomini di muoversi, di frugare ovunque in cerca di eventuali altri clandestini e di valori. Avrà avuto circa trent’anni, indossava la solita divisa di ordinanza e quell’orribile cappello, con il teschio e l’aquila, posato sopra dei capelli biondi, rasati nel tipico stile militaresco. Gli occhi sempre rivolti verso il basso, ma con lo sguardo minaccioso, andava avanti e indietro in preda all'irrequietezza. “Non eravamo noi a dover essere nervosi?!” mi sono detta, sorprendendomi al contempo di tanta ilarità. Dopo quell’improvvisa apparizione avevamo tutti il cuore a mille e in più, anche la pancia cominciava a fare il suo lavoro! Ci saremmo dovuti liberare in qualche modo, ma non c’era il coraggio di muovere un muscolo, né di dire una parola. Margot aveva le guance rigate e mamma cercava di rimanere il più possibile vicino a Pim, in cerca di un’immaginaria protezione. La signora Van Pels tirava su con il naso e singhiozzava; “Una volta tanto” ho pensato di nuovo con ironia “sono senza parole anche i Signori del piano di sopra!” In quei brevi e concitati momenti, siamo stati mandati a preparare gli zaini in fretta e furia e in dieci minuti avevamo già finito, poiché in realtà tenevamo sempre una valigetta pronta per ogni evenienza di fuga. E’ stato comunque angoscioso dover decidere, così su due piedi, cos’altro portare. Non sapevamo quello che ci sarebbe accaduto, né dove ci avrebbero condotto. Nel mio zainetto sono riuscita a infilare una matita e dei fogli sparsi, nell’illusione di poter continuare a scrivere ovunque ci portassero. Mia madre ci ha fatto indossare una tuta con delle scarpe da ginnastica, forse per affrontare meglio l’imminente viaggio per “chissà dove”. Poi, in un attimo tutto è finito. Ti confesso che non c’è il tempo e non basterebbero tutti i fogli che ho a disposizione per descrivere quello che ci è passato per la mente e cosa abbiamo provato intimamente tutti noi. Lentamente, ma sempre con l’ufficiale che ci strepitava nelle orecchie, abbiamo attraversato per l’ultima volta il passaggio segreto e i corridoi che per tanto tempo erano stati anche la nostra casa. Le gambe traballavano e quasi cedevano, scendendo le ripide scale che portano all’esterno. Qualcuno è perfino inciampato, rischiando di farci rotolare tutti fino in strada. Una volta fuori, la forte luce del giorno ci ha accecato e sono occorsi diversi minuti affinché ci abituassimo a quell’improvvisa esposizione. So che non mi crederai, ma ho provato una sensazione strana: terrore, misto a eccitazione. Un sentimento di disperazione ed esultanza insieme. Probabilmente non solo perché quell’inaspettata libertà mi piaceva, ma anche perché, forse, avevo atteso troppo a lungo quell’istante. Ho ripercorso in un attimo i lunghi mesi di reclusione, fatti di tante rinunce e privazioni. L’avevo tanto sognato e proprio quel momento da me tanto agognato -anche se in maniera molto diversa dalla mia immaginazione- adesso era giunto. Segretamente avevo cominciato a sorridere dentro di me, la paura era svanita, o meglio, l'incertezza e ora che gli eventi tanto temuti si erano verificati, mi sentivo come liberata di un grande peso. Non saprei spiegare come, potevo disperarmi, commiserarmi, ma nella testa mi ritornavano le ultime parole del mio “Poppie”, pronunciate poco prima di uscire dall'Alloggio: “Finora abbiamo vissuto nell’incertezza, adesso dobbiamo nutrirci della speranza”. Era davvero tanto tempo che non provavo una simile sensazione di rilassatezza: a quello che ci stava aspettando dietro l’angolo, ci avrei pensato più tardi! Continuavo a respirare, a guardare il cielo estivo di un azzurro intenso, i fiori, il canale con i barconi e le case tutte intorno. Attimi che mi sono sembrati un'eternità. All’esterno ci aspettava una camionetta nera, senza finestre, sulla quale ci hanno costretto a salire. Anche Kugler e Kleiman, purtroppo, erano con noi e questo non faceva che peggiorare il nostro scoramento. Spero con tutto il cuore che possano essere liberati il più in fretta possibile. Non è loro la responsabilità di tutto questo e non devono pagarne le conseguenze. Durante il breve viaggio nel furgone, per lo più ha regnato il silenzio. Pim ha cercato di infonderci coraggio; gli ho chiesto come mai il capo della polizia avesse avuto quell'attimo d’incertezza, dopo aver estratto dal baule la sua divisa da militare: “Credo” mi ha spiegato “che abbia provato rispetto nei miei confronti, poiché anch’io ho combattuto per la Germania nella Grande Guerra e anche perché, secondo la gerarchia militare, oggi sarei ancora un suo superiore” . “Testo protetto da Copyright; ISBN : 9788891096326”

sabato 12 dicembre 2015

IL LIBRO DEI BEI PENSIERI

Dal giugno 1943, su consiglio del padre Otto che le regalò un registro di cassa vuoto, Anne decise di tenere un quaderno dove avrebbe riportato i brani e le frasi più interessanti tratte dai libri che leggeva nel corso delle sue lunghe giornate di clandestinità. Questi scritti sono stati per la prima volta pubblicati “Anne Frank –Tutti gli scritti”, insieme ad altri inediti (le lettere e il libro d’Egitto). Anne accenna a questo suo lavoro nel Diario del 18/4/44 ed è evidente che tali scritti non siano di Anne, ma ci danno un’idea ben precisa su quali fossero i suoi gusti letterari e i suoi sentimenti sociali e politici. Annotare o trascrivere integralmente dei brani o delle frasi, vuol dire averle giudicate e averne condiviso il contenuto; vuol dire aver fatto propri quei pensieri e quei sentimenti e volerli fermare in qualche modo da qualche parte per tenerne memoria o per ritornarci sopra, per rifletterci e meditarci, affinché possano divenire mio patrimonio personale. Moltissimi sono i punti di collegamento tra questi brani e quanto ho scritto nel mio libro, a dimostrazione dell’affinità dei pensieri che ho creduto potessero essere di Anne con quelli realmente manifestati da Anne con le sue trascrizioni. Eccone alcuni: tratto da “Il fuoco Eterno” di Jacob van Maerlant: Caro Jacob, ah, racconta, se tutti gli uomini derivano dal nostro padre comune Abramo, perché ci sono i nobili e i liberi e accanto a loro i Servi della gleba?....Che cos’è accaduto da allora che ognuno uccide il prossimo? Io lo chiamo peccato e sacrilegio…Il popolo è povero come i cani…Due parole vi sono nel mondo, sono le parole “mio” e “tuo”, se soltanto si potessero eliminare di certo si otterrebbe la pace e ognuno sarebbe libero; nessuno d’altri… tratto da: Peter Paul Rubens pt2° Nel fiore degli anni di Harsányi Zsolt: Dio amava tanto gli uomini che per qualche tempo fece diventare uomo il Suo unico figlio…Egli è l’amore infinito. Ma tutto questo amore agli uomini dà alla testa. Con ogni mezzo si vogliono sentire più elevati possibile…benché nel Creato non significhino più dei granelli di polvere invisibili. tratto da Kristin figlia di Laurans pt2° “donna” di Sigrid Undset: Poiché ogni anno della mia vita ho capito meglio che una persona che ha avuto la grazia di comprendere qualcosa dell’interessamento di Dio e non esiste esercizio più bello che servirlo e vegliare e pregare per le persone che vivono ancora all’ombra delle cose terrene nel loro sguardo. tratto da Kristin figlia di Laurans pt3° la ciliegina sulla torta di Sigrid Undset: La guerra è un mostro crudele, la pace una benedizione. Ma vi chiedo: chi è che fa la guerra? Un popolo laborioso, amante della pace, che desidera lavorare in libertà e scegliere la propria Chiesa, o il tiranno che vuole sottomettere quel popolo con la violenza e tenerlo prigioniero in una camicia di forza? E se ora mi rispondete che sono difensore della violenza della guerra e un nemico di tutta l’umanità, allora io rispondo: io considero la pace come il bene supremo, ,ma la libertà lo è ancor di più… tratto da "Il ritorno di un eroe" di Eric Lowe – La storia di Robin Stewart: ….Un addio non dice nulla. Io non dico mai addio. Più sei consapevole della perdita, più l’amicizia è superficiale. Se l’amicizia è veramente sincera, possiedi qualcosa che non puoi mai perdere. Il libero arbitrio? La libertà di agire dell’individuo?...Ogni istante puoi notare che gli uomini prendono decisioni, dicono e fanno determinate cose. Vuoi negare di avere la liberà di pensare? E se vuoi pensare puoi anche agire….Ma quando molti individui si uniscono, allora le cose cambiano. Insieme possono ottenere molto. Tratto da "La saga dei Forsyte di John Galsworthy: …Ma finché esiste la bellezza, perché mai un uomo dovrebbe sentirsi solo?...La bellezza non può confortare se l’anima se n’è andata. Quanto sono belli gli anziani a pensare di poter esprimere i sentimenti dei giovani! da "Rapsodia ungherese" di Z.V. Harsanyi Studiare e riconoscere tutto il mondo come creatura diDio, questa è scienza. Riprodurre il mondo nelle sue parti come creatura di Dio, questa è arte. Proverbio di Goethe: Con un padrone va tutto liscio quando fa egli stesso quanto ha ordinato. Tratto da: Il canto eterno di F. de Clercq Zubli: In un libro genuino uno scrittore scrive per liberarsi. La vera persona e una sintesi dell’elemento femminile e di quello maschile. La fiducia non è una cosa a cui hai diritto per il semplice fatto di essere madre…naturalmente la madre per la sua indole simile, per l’effetto reciproco, forse ha maggiori probabilità di un estraneo di diventare quell’amica fidata, ma che abbia il diritto di avere quella fiducia da parte del proprio figlio, io l’ho sempre trovato assurdo. Una sorta di sfruttamento della maternità. La vera felicità vive dentro di te, quella non la puoi perdere. Tutte le sofferenze per ciò che la mente ci sottopone non hanno nulla a che vedere con l’amore. da “Il canto dell’oscurità” di Alice Bretz (prima di andare a ballare) La ragazza corse nella camera da letto…Non vedendola tornare, dopo un paio di minuti, la zia l’andò a cercare. Trovò la ragazza in ginocchio e le chiese che cosa stesse facendo. “Ringrazio Dio perché sonon così felice”. Avevo paura di dimenticarmene, una volta che mi fossi messa a ballare. Una preghiera di ringraziamento è una cosa di cui molti di noi si dimenticano troppo facilmente. Pensiamo a Dio quando vogliamo chiedergli qualcosa, mentre solo di rado ci ricordiamo di ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto per noi. Dio..usa le persone per mostrarmi il Suo amore e le sue cure. Questo lo avverto in una gentilezza, in una parola d’incoraggiamento o in un dono. Se ringrazio qualcuno, io ringrazio anche Dio….L’apprezzamento è il primo passo verso la gratitudine e la gratitudine nel nosro cuore è come una nuova fiamma accesa in un focolaio spento. Possiamo anche condividere quel calore con gli altri…Si, c’è molto dolore e sofferenza e sciagura nel mondo, ma c’è anche l’amicizia con Dio. da “Scuola Reale” di Eduard Douwes Dekker Il popolo è caduto in basso, Regina Madre!...Cos’è per il popolo la bellezza della primavera? Niente! Un cielo stellato? Niente! Cos’è l’arte per il popolo? I suoni, i colori, i profumi? Niente! Tutto ciò per il popolo può non essere nulla. Ogni fuga gli è impedita dalla realtà, che con un pugno di ferro lo schiaccia nel fango. E ogni tentativo di ribellione è punito con la fame! Una parte, una piccola parte della società regna, governa, vara leggi e condanna, l’altra parte, che è la più grande, alla miseria. Un pensiero di Marie Calm Se vuoi essere più lieto, dona agli altri la felicità. E la gioia che hai donato, il tuo cuore irradierà. Un pensiero di Jhoann Gaudenz von Salis-Seewis Con molti dividi la tua contentezza, con tutti gioia o divertimenti. Con pochi soltanto la tua tristezza, con singoli i tuoi sentimenti. William Shakespeare Né torri di pietra, né bastioni di bronzo, né prigioni senz’aria, né salde catene di ferro possono legare la forza dell’animo. L’umiltà è la scala dell’ambizione ai primi passi: e chi vi sale va su di faccia, ma una volta arrivato in cima alle scale volge le spalle disprezzando, con il naso tra le nuvole, i gradini più bassi che lo han portato lassù. Per finire, dei pensieri di Anne: Perché in fondo la gioventù è più solitaria della vecchiaia. Chi non sa ascoltare, non sa nemmeno raccontare. A cosa serve, nella sfortuna, pensare ad altre sfortune? Pensa alle cose belle e pensa a tutto ciò che di bello ti rimane! Chi onora l’eroe che ha saputo evitare la guerra? L’amore è qualcosa che in realtà non ha parole.

sabato 5 dicembre 2015

A PROPOSITO DI GATTI

Un piccolo articolo tratto da http://bloggatta.blogspot.it/2012/06/gatti-famosi-i-gatti-di-anna-frank.html Pubblicato da rosi Gatti famosi: i gatti di Anna Frank Quando Anna si trasferì nel nascondiglio segreto dovette lasciare la sua gatta Moortje. Sembra che la famiglia di un amico di Anna, tale Toosje K., se ne sia preso cura. Scrive la ragazza il 12 luglio del 1942 che le si riempiono gli occhi di lacrime quando pensa alla povera micia, di cui rimpiange la dolcezza. Mouschi era invece il gatto maschio nero di Peter van Daan, il ragazzo che divide con Anna la reclusione nell'alloggio segreto e di cui la ragazza si innamora. Miep Gies, colei che salvò il diario, se ne sarebbe preso cura dopo l'irruzione delle SS. Moffie era invece il nome del gatto del magazzino, un ciccione bianco e nero. Secondo http://www.annefrankdiaryreference.org/cats.htm il nome del micio, che nelle traduzioni inglesi del diario è Boche (il nome con cui nella Grande Guerra i francesi indicavano i tedeschi), si spiega col fatto che i moffen erano biscottini a forma di maiale e che gli olandesi chiamavano così gli invasori tedeschi. Ma quali erano i nomi degli altri gatti di Prinsengracht? Abbiamo letto di Mouschi, il gatto nero di Peter e di Moffie, il gatto incaricato di tenere lontani i topi dal magazzino. Mouschi scompare nell’aprile del 1944 senza lasciare traccia e Moffie, scappato durante l’arresto per un paio di giorni, verrà temporaneamente sostituito da Scharminkeltje (scheletro in olandese), ma diverrà il “gatto dell’ufficio”, accudito teneramente da Miep. E visto che l’argomento di oggi sono i gatti, vorrei proporvi un estratto dal mio libro "Le pagine bianche di Anne Frank" non prima di avervi accennato del gatto di nome Bruno-Rudolf che per qualche tempo ha fatto di Auschwitz la sua casa, familiarizzando con i visitatori e gli abitanti del posto. Il più delle volte si poteva vederlo proprio sotto il cancello d’ingresso, come se ne fosse il guardiano. E prendendo proprio spunto dal fantasma di questo bel gattino, che ho scritto “Il gatto Bruno”; Anne si trova ad Auschwitz e ci racconta di un incontro molto, molto speciale…………… Cara Kitty, avevo dimenticato quanto amore si può provare in un attimo di tenerezza e quanta gioia può scaturire da un semplice gesto d’affetto. Resterai molto sorpresa da quello che ho da raccontarti, poiché stamattina è successo un fatto incredibile: mi sono ritrovata con un gatto in grembo e mentre stringevo quella morbida e calda creaturina, che pulsava tra le mie mani, ho chiuso gli occhi e per un istante mi sono sentita rinascere! Avevo un disperato bisogno di dolcezza, di affetto e di coccole e Dio, mandandomi quel batuffolino tra le braccia, ha voluto riaccendere in me lo spirito vitale ormai assopito. E’ stata una sensazione bellissima, quel piccolo corpicino mi ha riscaldato le membra e risvegliato i sentimenti. Adesso ti racconto per bene com’è andata. Tutto si era svolto secondo l’abituale trantran giornaliero: sveglia prima dell’alba tra suoni inarticolati, urla e schiamazzi; indi, “Bettenbauen”, pulizie e colazione con il solito consommé nero. Il tutto in trenta minuti circa. Dopo l’appello e la formazione delle squadre di lavoro, ci siamo messe in marcia verso la cava. Avevamo da poco varcato il cancello e ci trovavamo in un posto che è chiamato “Vorne”, non lontano dalle abitazioni delle SS. Il nostro Kapò stava lasciando il comando della colonna alle guardie militari, armate di tutto punto, e qualcuno aveva anche uno di quei bei cani indemoniati al laccio. Mentre avveniva il passaggio delle consegne, ho intravisto guizzare alla mia sinistra un gatto, nero come la notte, probabilmente all’inseguimento di un piccolo ratto. Uno dei cani, con uno strattone, si è liberato del guinzaglio e in pochi attimi gli è saltato addosso, pronto ad affondare i suoi denti in quell’esile creatura. Tra i due è seguita una baruffa, con latrati e miagolii. Nessuna delle mie compagne, in quel momento, stava prestando attenzione alla lotta che si stava svolgendo lì, a pochi passi. Erano tutte perse nei propri pensieri, palesando la solita blanda indifferenza che accomuna tutte noi, quando cerchiamo di estraniarci da situazioni poco simpatiche. Così siamo rimaste volutamente distaccate da quel piccolo dramma che stava avendo luogo, fino a che non mi sono risvegliata di colpo e, per un istinto quasi suicida, ho lasciato lo schieramento e mi sono precipitata a separare i due animali, prendendo il gattino tra le mie braccia. Il suo pelo era di un morbidissimo velluto nero. Aveva due occhi profondi, di un color verde smeraldo; erano vivaci e amichevoli e traboccavano gratitudine per il mio tempestivo salvataggio. Al collo portava una medaglietta d’oro davvero molto strana: la parte inferiore era a forma di un otto disteso orizzontalmente; gli occhielli sembravano giusto i due occhi di un felino o forse di un serpente, nel cui interno era inciso quello che credo fosse il suo nome: “Bruno-Rudolf”. La parte superiore del ciondolo portava una croce con due bracci posti parallelamente, ma di diverse dimensioni e con un numero inciso sopra che subito ha attirato la mia attenzione, poiché era il seicentosessantasei! E’ difficile da spiegare e per ora non voglio confonderti le idee, ma prima o poi avrò modo di chiarirti che cosa rappresenti, in realtà, questo simbolo demoniaco. Intanto, ecco il seguito del racconto che riguarda il nostro piccolo micio. Tremava per la paura quando l’ho preso in grembo sottraendolo dalle fauci del terribile cane. E’ stato come riabbracciare Moortje. Dopo pochi secondi, che a me sono sembrati un secolo, ho finalmente realizzato il guaio che avevo appena combinato: proprio di fronte a me c’era la guardia, adesso inginocchiata, che aveva recuperato il cane riallacciandogli il guinzaglio. Accanto a lui era sopraggiunto un ufficiale delle SS che avevo già visto lungo la banchina al nostro arrivo e qualche altra volta che si divertiva, con il camice bianco indosso, a partecipare alle selezioni mattutine. Con lo sguardo gelido e penetrante, emanava una forte aura di autorità e cattiveria. Inappuntabile nella sua divisa di ordinanza, aveva gli stivali lucidati a dovere, il cappello con la visiera e il solito piccolo teschio al centro. Ha fatto qualche passo verso di me, con una voglia omicida negli occhi, senza proferir parola. Da vicino faceva ancora più paura: era livido in volto, aveva i capelli biondi cortissimi, un minaccioso occhio di vetro e un’orrenda mano guantata. Penso fosse artificiale e ciò contribuiva a completare la cupa fisionomia del terrificante personaggio. Ero già pronta all’inevitabile, cioè a scontare le conseguenze di tanta scelleratezza e a ricevere la mia buona dose di bastonate. L’ufficiale ha estratto la pistola dalla fondina e ha rivolto il suo sguardo verso di me, inducendomi a lasciare andare la piccola bestiolina che, con un salto, si è avvinghiata sul suo braccio offeso. Ero sicura che fossi arrivata al capolinea, ma non ho avuto paura, ero solo rassegnata al mio destino e forse, anche un po’ sollevata. Con uno scatto ha alzato la mano sinistra e poi, improvvisamente, si è girato e ha lasciato partire un colpo mortale verso la guardia, rea di aver lasciato andare il cane. Mi ha guardato di nuovo e con un tono da oltretomba e un’espressione ancor più spettrale, ha pronunciato le seguenti parole: «Weg von hier!» Non è finita qui, mia cara Kit. Il pomeriggio, sulla via del ritorno, mentre eravamo in attesa del “cambio della guardia” all’ingresso del campo, l’ho rivisto confabulare con la nostra Kapò, che questa sera si è dimostrata stranamente meno ostile del solito, concedendo a me e a Margot una razione extra di cibo. Mi sono dovuta scolare due pentolini di sciacquatura, ma non è stato affatto sgradevole. Non so proprio cosa pensare: possibile che, quell’agghiacciante personaggio, abbia voluto dimostrarmi gratitudine per quello che ho fatto? Possibile che si sia mosso a pietà dimostrando, tra l’altro, di provare dei sentimenti, anche se solo verso una piccola bestiola? Non me lo so spiegare. Sono tutte domande senza risposta. Se la cosa avrà degli sviluppi interessanti, te ne renderò senz’altro conto. Qualcuno ha detto che il tizio nutrirebbe una vera e propria adorazione per i gatti. Io, piuttosto, ho ipotizzato che questa venerazione possa essersi tramutata addirittura in ossessione; magari sarà stato lo stesso “dio Bruno” a comandargli questa sorta di protezione nei nostri confronti! Tu che ne dici? A me, solo a pensarci, mi vengono i brividi! “Testo protetto da Copyright; ISBN : 9788891096326”

sabato 28 novembre 2015

LA VERA CASA DI ANNE FRANK: MERWEDEPLEIN 37

L'ex casa di Anna Frank in Merwedeplein - dove la famiglia Frank visse dal 1933 al luglio 1942 - è stata acquistata nel 2004 da Ymere, una società immobiliare di Amsterdam. L’appartamento è ora gestito da una Fondazione che lo mette ogni anno a disposizione di uno scrittore perseguitato nel suo paese. LA VERA CASA DI ANNE FRANK: MERWEDEPLEIN 37 Il nuovo proprietario ha ristrutturato completamente la casa nello stile originale degli anni Trenta, basandosi sui dati della Fondazione Casa di Anna Frank e su ricerche approfondite. Il restauro è stato completato a fine ottobre 2005. Henk Schröder, responsabile del progetto, aveva un compito complicato. Perché il restauro è stato radicale; così, strato dopo strato, la carta da parati fu rimossa. Su alcuni muri ce n’erano addirittura sei strati. Anche per la vernice sono state fatte approfondite ricerche. Questi risultati sono stati poi tradotti in materiali moderni che sono stati applicati con le vecchie tecniche, per ottenere un risultato il più vicino possibile all’originale. E il bello è che le moderne vernici all'acqua si sono dimostrate perfettamente adatte per raggiungere questo risultato. In tutta la casa si respira adesso l'atmosfera di quel periodo degli anni trenta. Descrizione dell’appartamento di Anna Frank, tratta da una lettera ai parenti in Svizzera, 22 marzo, 1941: "Sono seduta qui alla scrivania, la nostra camera è molto grande. Abbiamo un comò, un lavandino, un armadio, segretario di mamma di fronte che abbiamo nominato avere come scrittura coccolone. Poi un letto pieghevole di Margot e un tavolo, quindi un divano apribile dove dormo, e per tutta la stanza tutti i miei bei dipinti e fotografie. " La lettera è stata una risorsa molto importante per la ristrutturazione e l'arredamento della casa. Da Anna Frank Remembered, Miep Gies e AIIson Leslie 1996: "In quelle riunioni del sabato ci siamo seduti intorno al grande tavolo di mogano scuro nel soggiorno dei Frank. Il tavolo era pieno di tazze di caffè, brocche di crema e una deliziosa torta di formaggio fatto in casa; tutto presentato in un bellissimo argento lucidato dalla signora Frank." Sullo sfondo del salone c’era un maestoso orologio a pendolo. Era Ackerman, realizzato a Francoforte." In data 9 luglio 2005, sulla Merwedeplein, in memoria di Anna Frank, il Sindaco di Amsterdam Job Cohen inaugurò la statua di Anne Frank, creata dall'artista Jet Schepp. ECCO TUTTE LE FOTO DELL'APPARTAMENTO PRIVATO DI ANNE FRANK INGRESSO SOGGIORNO SECRETAIRE STANZA DI ANNE CORRIDOIO BAGNO SCALE STANZA DI OTTO E EDITH
CUCINA
TERRAZZO
FINESTRA
Fonti: http://geheugenvanplanzuid.nl/archief/tijdtijn/restauratiemerwedeplein37.htm La Fondazione Anna Frank concede il diritto di pubblicazione una tantum di foto storiche. copyright: AFF Basel / AFS Amsterdam. Luuk Kramer fotografie, Amsterdam of Jos Wiersema,