LE PAGINE BIANCHE DI ANNE FRANK

sabato 26 settembre 2015

I SEGRETI DELLA STANZA DI ANNE FRANK

La nostra cameretta con i suoi muri nudi era finora molto spoglia; grazie a papà, che aveva pensato di portare qui la mia intera collezione di cartoline e di fotografie di stelle del cinema, ho coperto l’intera parete di colla e ne ho fatto un grande poster! Adesso ha un aspetto molto più allegro.” (Anne Frank, 11 luglio 1942) “Ieri ho appeso di nuovo delle fotografie di star del cinema in camera, questa volta con i triangolini per fissare le foto, così le posso togliere.” (18 ottobre 1942)
Allo stesso modo degli adolescenti di oggi, anche Anne decise di rallegrare le pareti della stanza di Prinsengracht con i suoi miti preferiti. Subito dopo l’arrivo nel nascondiglio, infatti, che le dovette apparire subito tetro e triste, Anne incolla immagini e cartoline di vario genere alle pareti della sua cameretta e vi ci si dedica aggiungendone regolarmente delle altre. Solo apparentemente, le immagini che ancora oggi guardano sorridenti le migliaia di visitatori, sono una collezione eterogenea di figure diverse. In realtà ci raccontano molto su quali fossero i gusti di Anne, le sue preferenze e i suoi sogni. Anne Frank aveva una vera passione per le case reali. In una lettera a Nonna alice, del 1939, le scrive di averne oltre 800. Tiene addirittura un calendario con i compleanni dei vari membri delle famiglie reali e dedica ore ed ore alla stesura dei loro alberi genealogici Nella sua camera, infatti, una delle foto più famose è quella della Principessa Elisabetta di York, l’attuale Regina Elisabetta II.
Nel dicembre 1943 ricevette in regalo da Bep una cartolina con il ritratto della famiglia reale olandese, a quel tempo in esilio in ad Ottawa, Canada, e scrisse nel diario: “Bep ha fatto fare per me una cartolina di tutta la famiglia reale. Giuliana ha un aspetto molto giovanile, e anche la regina. Le tre bambine sono graziose. L’ho trovato molto gentile da parte di Bep, non ti pare?” (30 dicembre 1943).
Tra le altre foto ancora appese al muro, un ritratto di Ginger Rogers ritagliato da un numero di Libelle del 1940), uno di Greta Garbo (una foto scattata in occasione delle riprese del film "Ninotchka" nel 1939), e un altro dell’attore tedesco Heinz Ruhmann, uno degli attori tedeschi più noti del 20esimo secolo: la fotografia è stata scattata per il film “Paradiso degli scapoli” del 1939. Una foto di due delle tre sorelle Lane: Rosemary e Priscilla e ben tre ritratti della pattinatrice artistica norvegese Sonja Henie.
Ma non ci sono solo stelle del cinema. Oltre a una serie di ritratti sconosciuti, Anne incollò un autoritratto di Leonardo e il famoso “ritratto di un vecchio” di Rembrandt, oltre al volto di una antica divinità greca: Ermes. C’è anche il volto di Cristo della “Pietà di Michelangelo”.
Ma chi erano i ritratti di quegli sconosciuti? Solo per caso, diversi anni dopo l’inaugurazione della Casa di Anne Frank avvenuta nel 1960, alcune visitatrici, incredibilmente, si sono riconosciute in quelle foto appese nella stanzetta. Una di queste è Joyce van der Veen, una promettente ballerina coetanea di Anne. Aveva posato per delle fotografie di una famosa rivista femminile e poi dovette nascondersi insieme alla famiglia, in quanto anch’ella ebrea. Dopo la guerra divenne prima una ballerina professionista e poi un’attrice.
Un’altra foto anonima che capeggiava nella stanza di Anne riguardava una bambina dai tratti angelici, che si è poi scoperto fosse la contessa tedesca Nayhauss-Cormons. Una foto, come racconta la contessa stessa, che le fu scattata all’età di tre anni in un parco di Berlino che esiste ancora. La foto fu pubblicata nel 1936 in una nota rivista femminile tedesca Elegance.
Un’altra turista ignara, Marijke Otten, si è scoperta attaccata a quel muro in seguito ad una visita di piacere insieme al marito. Una semplice foto di famiglia, scattata da una fotografa famosa di cui la madre di Marijke era assistente e le cui fotografie venivano pubblicate anche dalla rivista femminile Libelle.
Marianne van der Heijden, invece, pur avendo volte l’Alloggio segreto, non aveva mai notato il suo volto sul muro della famosa cameretta, anche perché era preoccupata a tenere d’occhio i suoi allievi. E’ stato il figlio, in occasione dell’ennesima visita, a notare stupefatto la foto della madre, scattata da un fotografo quando quest’ultima aveva tre anni per far da cornice ad un articolo della psicologa Sis Heyster, che scriveva articoli pedagogici per Libelle.
Nel 1999, in seguito ad un accurato restauro della casa, è venuto fuori il retro di una cartolina che raffigura degli scimpanzé
“Cara Anne, tu e Margot dovreste vedere questo zoo. Le scimmiette hanno già chiesto di te. La nonna scrive che sei stata molto buona! Oggi vedo la cuginetta Hannelis! Papà sta lavorando sodo? Ieri qui ha piovuto molto ma oggi splende il sole. Baci e saluti, Mamma” Altre immagini dietro le immagini, sono comparse durante quei lavori, ma non è stato possibile recuperarli nemmeno utilizzando i raggi infrarossi. Fonte dei testi e delle foto: Fondazione Casa di Anne Frank Vi ripropongo adesso la foto del mio plastico che rappresenta l'Alloggio Segreto: La stanza di Anne.
Girovagando per il Web, recentemente ho trovato una cosa che avrei sempre voluto vedere e che avevo accantonato tra le cose IRREALIZZABILI: le foto della casa di Anne Frank! Non mi riferisco all'Alloggio, ovviamente, ma all'appartamento in MERWEDEPLEIN 37 in Amsterdam.Quando le ho trovate sono rimasto senza fiato....... Alla prossima!

sabato 19 settembre 2015

UNA PREGHIERA IN UN LAGER

La domanda sorge spontanea: dopo il martirio, gli scempi, i soprusi e i delitti perpetrati ai danni di milioni di persone nei campi di concentramento, è possibile –e magari legittimo- che qualcuno possa aver perso la fede? In che modo è concepibile credere che Dio abbia assistito alle deportazioni e all'uccisione di milioni di innocenti senza intervenire? In un saggio di Hans Jonas, un filosofo tedesco di origine ebraica –Il concetto di Dio dopo Auschwitz- si afferma che “durante gli anni in cui si scatenò la furia di Auschwitz Dio restò muto. I miracoli che accaddero furono unicamente opera degli uomini”.
Sono certo che furono moltissimi i deportati che affidarono le proprie preghiere all’Altissimo ed altri, purtroppo, persero la fede. I tedeschi avevano paura del culto religioso, era un odio così fanatico da rasentare la superstizione perché sapevano che poteva essere un pericoloso ostacolo alla loro forza repressiva. pertanto eliminavano qualsiasi cosa lo potesse ricordare. E nonostante ciò, il culto veniva praticato in assoluto segreto. Non è quindi impossibile ipotizzare che durante le deportazioni, molti continuarono a credere e a pregare, trovando nel Signore, non la causa dei propri mali, bensì l’unica via di salvezza. Nietzsche scrisse: «Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come” che è il rovescio della medaglia di un pensiero di Dostojevskij: «Temo una cosa sola: di non essere degno del mio tormento». Ma ancora più di questi c’è un aforisma di Viktor Frankl che rende appieno l’idea: “L'uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall'esterno”. Frankl era uno psichiatra ebreo sopravvissuto ai lager, che scrisse nel 1946 “Uno psicologo nei lager” e molti altri testi, tra cui “Alla ricerca di un significato della vita” e “I fondamenti spirituali della logoterapia”. Egli racconta la sua esperienza di medico, riscoprendosi anche uomo e credente. Attraverso il suo racconto, egli vuole dimostrare come l'uomo possa vivere pienamente anche nelle condizioni più disumane, anzi, proprio attraverso di esse. Ecco alcuni suoi pensieri: “Una fede debole è indebolita da predizioni e catastrofi, laddove una fede forte viene rafforzata dalle stesse.” “A partire da Auschwitz sappiamo di che cosa è capace l'uomo. A partire da Hiroshima sappiamo che cosa c'è in gioco.” “Possiamo scoprire il significato della vita in tre diversi modi: col compiere un proposito; con lo sperimentare un valore; con il soffrire.
La questione “fede” resta comunque di difficile risoluzione e non si può certo biasimare chi, dopo quanto accaduto nei campi di concentramento, ha purtroppo perso la fede. La sorellastra postuma di Anne Frank “Eva Schloss”, autrice del libro “Sopravvissuta ad Auschwitz”, ha dichiarato di aver perso la fede. Io sono convinto che questo non sarebbe accaduto ad Anne. E’ questa la sintesi del mio romanzo. Anne amava troppo la vita Dio, per perdere le uniche certezze che potessero aiutarla a sopravvivere. Per concludere, non bisogna dimenticare coloro che, pur avendo sopportato azioni atroci e dolorosissime, sono comunque stati capaci non solo di tener fede ai propri dogmi e alle proprie convinzioni, e anche coloro che, a rischio della propria vita, sono stati dei veri e propri Angeli in Terra, aiutando e salvando la vita a migliaia di innocenti; non è forse facile affermare che Dio era nei loro cuori? Pensieri tratti dal Diario di Etty Hillesum
“Preghiera della domenica mattina– Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani, ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso prometterti nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. […]” “Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio.” “Quando prego, non prego mai per me stessa, prego sempre per gli altri, oppure dialogo in modo pazzo, infantile o serissimo con la parte più profonda di me, che per comodità io chiamo “Dio”. Non so, trovo così infantile che si preghi per ottenere qualcosa per sé. […] Mi sembra infantile anche pregare perché un altro stia bene: per un altro si può solo pregare che riesca a sopportare le difficoltà della vita.”
Preghiera per i persecutori di una vittima di un lager nazista Signore, quando ritornerai nella tua gloria, non ricordarti solo degli uomini di buona volontà. Ricordati anche degli uomini di cattiva volontà. Ma, allora, non ricordarti delle loro sevizie e violenze. Ricordati piuttosto dei frutti che noi abbiamo prodotto a causa di quello che essi ci hanno fatto. Ricordati della pazienza degli uni, del coraggio degli altri, dell'umiltà, ricordati della grandezza d'animo, della fedeltà che essi hanno risvegliato in noi. E fa', Signore, che questi frutti da noi prodotti siano, un giorno, la loro redenzione.
Tratto dal Diario di Anne Frank E la sera, quando a letto termino la mia preghiera colle parole: "Ti ringrazio, mio Dio, per tutto ciò che è buono e caro e bello", sono piena di gioia. Allora penso: "buona" è la sicurezza del nostro rifugio, è la mia salute, è la mia stessa esistenza; "caro" è Peter, è quel sentimento delicato e indistinto che noi due non osiamo ancora nominare, o sfiorare, ma che verrà, e sarà l'amore, l'avvenire, la felicità; "bello" e il mondo; il mondo, la natura, la bellezza e tutto ciò che la forma.
tratto da “Le pagine bianche di Anne Frank” Cara Kitty, oggi ho preso una decisione importante: non m’interessa a cosa andrò incontro o quali prove dovrò affrontare, con l’aiuto di Dio riuscirò a superare tutti gli ostacoli che mi si porranno davanti. Solo Lui potrà darmi la forza di reagire e di resistere. Dovrò pregare, invocare, chiedere e supplicare che la Divina Provvidenza venga in nostro aiuto. Finalmente comprendo appieno le parole di mia madre, che mi ha sempre insegnato il valore della preghiera ed io, le poche volte che ho accolto i suoi inviti, non sempre vi ho partecipato con il cuore. Finalmente ho capito che la preghiera non è una specie di lista della spesa e che la fede non è un lasciapassare per la vita eterna. E’ soprattutto fidarsi incondizionatamente di Dio, anche quando tutto va storto. Ho messo giù due versi, che reciterò ogni sera prima di parlare con te. Vorrei proprio che mi dicessi cosa ne pensi. Ecco la mia preghiera: Dio degli Ebrei, dei Cristiani e dei Musulmani. Dio della quiete, dell’amore e dell’Universo. Tu che sei al di sopra della natura e di tutte le creature, Tu che sei nelle più piccole cose del mondo e in quelle più grandi, al di sopra degli uomini giusti e dei criminali. Tu sei lassù nei cieli e sorvegli i nostri pensieri, ben oltre le banalità della nostra breve storia e delle nostre realtà quotidiane. Fa’ che tutti ti riconoscano, accettando il Tuo Amore, anche i nostri crudeli aguzzini, che non intendono altre divinità al di fuori della violenza, del potere e del denaro. Manda il tuo Spirito su questo luogo di sofferenza, affinché ogni male sia distrutto e tu possa entrare nei cuori dei nostri persecutori, nelle loro case, nei loro affetti e nelle loro famiglie. Noi ci fidiamo di Te e del disegno Divino che hai riservato per ognuno di noi. Non ti chiediamo di aiutarci a spostare queste montagne di dolore, ma di darci la forza per superarle. Da’ vigore a tutti i martiri di questo campo, nell’attesa che presto possano tornare alla loro vita e dai loro congiunti. Proteggi e sorreggi i miei genitori, affinché abbiano da Te vitalità e consolazione, dona loro il coraggio, in modo che non si sentano mai soli. Abbi cura della mia sorellina Margot e di tutti i nostri cari coinvolti in questa triste guerra. Regalaci il coraggio di aiutare le nostre compagne in difficoltà in ogni circostanza, anche se questo potrà esporci a castighi, conducendoci perfino alla morte. Aiutaci a essere perseveranti nella speranza di un futuro migliore, e solleva i nostri animi dall'afflizione. Donaci presto la libertà! “Testo protetto da Copyright; ISBN : 9788891096326” Per salutarci, un paio di foto del mio ormai famoso plastico dell'Alloggio Segreto in Prinsengracht 263.

sabato 12 settembre 2015

IL CAPPOTTINO ROSSO DI SCHINDLER’S LIST

Uno dei migliori film che abbia mai visto.
Nella atroce e commovente storia in bianco e nero di Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salva più di 1200 ebrei dai forni crematori di Hitler assumendoli alle proprie dipendenze, in una sequenza iniziale, dove si rappresenta lo sgombero del ghetto di Varsavia da parte dei nazisti, c’era una bambina con indosso un cappottino rosso che cammina da sola per le strade. E’ l’unica nota di colore dell’intera pellicola. Un cappottino rosso che sparisce, per poi ricomparire verso la fine, proprio quando non ci si pensava più, su un mucchio di cadaveri accatastati dentro una carriola. Molteplici sono stati i tentativi di dare un significato a quell’unica macchia di colore, in quella storia monocolore, e certo Spilberg potrà addurne diversi. Quel dettaglio dimostra la tragedia individuale che accompagna una singola storia? Vuole sottolineare le atrocità subite anche nel mondo dell’infanzia? E’ una piccola invenzione poetica? Quel cappottino starebbe forse a dimostrare l'innocenza di tutta l'umanità? Sì, e forse tutte queste cose insieme. Tuttavia ho trovato la ragione per cui il famoso regista ha inserito quest’idea nel suo film.
In realtà, Spilberg ha tratto ispirazione da un racconto di Audrey Hepburn, una delle attrici più belle ed eleganti di Hollywood, e senz’altro la più deliziosa. Nel libro “Audrey Hepburn, un’anima elegante” l’autore, Sean Hepburn Ferrer, ci racconta che la madre, come buona parte dei ragazzini durante la guerra, aiutò la resistenza; in particolare, visto che i bambini destavano meno sospetti e difficilmente venivano fermati dalla polizia, trasportò messaggi segreti nelle scarpe. Audrey ha sempre portato dentro di sé i dolori della guerra ma, più di ogni altra cosa, le era rimasta in mente l’immagine di una ragazzina che aveva visto in un folto gruppo di ebrei durante lo sfollamento di una intera palazzina. Furono tutti caricati a forza sulle camionette dell’esercito tedesco, compresa la bambina che indossava, per l’appunto, un cappottino rosso. E’ questa la vera ragione del “cappottino rosso” in Schindler’s list.
Cambiamo argomento, ma non troppo. Quanti di voi sanno che la Hepburn avrebbe dovuto impersonare Anne Frank nel famosissimo film di George Stevens del 1959 “Il Diario di Anne Frank” e che vinse 3 oscar? Audrey fu la prima ad essere scelta, incontrò persino Otto Frank insieme alla nuova moglie Fritzi per definirne i particolari; tuttavia, all’ultimo momento, rifiutò la parte che fu presa da Millie Perkins.
Nella biografia della madre, il figlio Sean ci racconta come Audrey fosse preoccupata di non reggere il peso emotivo della protagonista e del film in generale. Così, dopo averci pensato a lungo, rifiutò, sicura che lo sforzo e il dolore sarebbero stati troppo grandi da affrontare. Queste le parole di Audrey: “Leggere il suo Diario è stato per me come vivere le mie stesse esperienze dal suo punto di vista. Mi ha praticamente distrutto.” Sean ci racconta ancora di come la madre si sentisse molto vicina ad Anne Frank, perché le loro vite erano state, in fondo, parallele. Entrambe erano nate nel 1929, avevano abitato nello stesso paese e vissuto la stessa guerra. “L’ottimismo di mia madre durò tutta la sua esistenza; come la sua fede nell’amore, nel miracolo della natura e nella bontà della vita. Onorò quella seconda chance che l’esistenza le aveva dato attraverso il lavoro con l’Unicef.” Nel 1990 Audrey lesse alcuni brani tratti dal Diario di Anne in occasione di un evento per l’Unicef. Un’ultima curiosità a proposito del film di Spilberg: durante le riprese Ben Kingsley, che interpreta Itzhak Stern, conservava una foto di Anna Frank nella tasca del cappotto. Alcuni anni più tardi Kingsley interpretò Otto Frank, padre di Anna, nel film “Anne Frank: The Whole Story”.
Per chiudere, vi presento solo poche righe tratte dal mio libro “Le Pagine Bianche di Anne Frank”.
Anne si trova ad Auschwitz e dopo una tormentata notte insonne cerca di trovare la forza per riuscire ad affrontare una nuova durissima giornata. “Cosa posso inventarmi stamattina, prima che il frastuono della sveglia annunci la catastrofe di una nuova, lunghissima giornata? E’ il momento di riaprire il libro della natura. La poesia non si trova solo tra le righe di un romantico sonetto, ma è anche tra i fantasiosi disegni delle nuvole, oppure nascosta tra i petali di un fiore; è nella bianca spuma di un’onda o tra le mille sfumature di un paesaggio colorato; è facile scorgerla nello sguardo tenero di un cucciolo e perfino nella magia di tanti piccolissimi insetti multicolori, che di certo, anche oggi, mi terranno compagnia. Se alzerò gli occhi e vedrò una trave di cemento, fantasticherò che si tratti del mio albero preferito. Con un cespuglio di paglia e iuta, sarà facile immaginare un morbido gattino nero, la mia Moortje. E il recinto di filo spinato? Non sarà altro che uno dei tanti roseti, nei miei bei giardini di Merwedeplein!

sabato 5 settembre 2015

LE MIE PRIME RECENSIONI

E così, rieccomi qui, a riprendere il filo del discorso lasciato in sospeso diverse settimane fa. Spero abbiate fatto delle belle, divertenti, riposanti vacanze, perché c'è l'autunno che bussa alle porte e poi un lungo inverno. Mentre vi scrivo, sta diluviando e ho appena finito di leggere un passo del libro di Miriam Pressler "Io Voglio Vivere - la vera storia di Anne Frank". Sono rimasto allibito e sconcertato e subito mi è tornato in mente il "nuovo olocausto" cui sono costretti i profughi della Siria. Adesso che migliaia di persone stanno arrivando via terra anche alle porte della Germania, adesso, solo adesso, la Merkel si è decisa a dimostrarsi solidale e disponibile (speriamo proprio non eccessivamente, come ha fatto con la Grecia!); non faccio commenti, ma riporto testualmente quanto scritto sul libro della Pressler a pagina 12: "Nell'enciclopedia Brockhaus (un'enciclopedia in lingua tedesca tra le più rinomate al mondo), alla voce "campo di concentramento di Auschwitz", si legge: ...Fino all'occupazione del lager a opera delle truppe sovietiche vi furono uccisi ebrei a milioni". Che significa "a milioni"? Potevano scrivere "a grappoli" oppure "a manciate", di certo non è chiarito chi erano questi ebrei...."uomini" o "bestie"?! "Cose?!". E poi, perché usare il termine "occupazione"? Sembra un'azione illegale......Quindi, tornando alla nostra Merkel, che ha costretto la povera Grecia a un armistizio peggiore di un vero dopo guerra, volevo solo ringraziarla per tanta spontanea solidarietà, sperando che i poveri siriani non "occupino" per troppo tempo il suo salotto di casa! Cambiamo argomento Fino a che non ho ricevuto le prime recensioni, non ero in grado di stabilire se, in quanto avevo scritto, ci fosse del buono. Ora che sto ricevendo le prime recensioni, credo di poter affermare che piace e pare proprio che non sia stata "carta sprecata".
Mario Mauro Ho scelto questo libro come lettura estiva da "consumare" in vacanza, l ' immaginario e tenero prosieguo del famoso Diario di Anne Frank. L'autore immagina e ci regala i pensieri e i sentimenti intatti della piccola ragazzina nei terribili momenti della prigionia, senza tradire la veridicità storica dei fatti, riuscendo a preservare l’autenticità del linguaggio originario e, soprattutto, senza cedere alla tentazione di cadere in un facile patetismo. Il libro regala momenti di lieve e piacevole commozione. Complimenti all'autore.... Mario Tumolo E' un romanzo delicato nella forma, quanto mai vero ed aspro ma, sopratutto per tutti noi, è una riflessione. Un'ambientazione fedele nella realtà con note storiche puntuali. Per me è un lavoro di successo. Marina Come tanti studenti ,di ieri e di oggi, avevo letto “Il Diario di Anna Frank” grazie alla mia insegnante di lettere, uno dei libri da lei consigliati per le vacanze estive del mio primo anno di scuola superiore. Avevo gradito la lettura e le parole e la sensibilità di quella sfortunata ragazzina avevano suscitato in me interesse e tanta commozione. Seppur indimenticati, il diario e la storia di Anna Frank, però, giacevano da anni, in un angolo remoto della mia memoria, forse sopiti per sempre. A risvegliarli è stata la lettura di un romanzo molto originale “Le pagine bianche di Anne Frank” ,scritto da Dario Pezzella, autore esordiente, che il 12 giugno 2015,ricorrenza dell’86°compleanno di Anna Frank, ha voluto far omaggio alla sua memoria con il seguito immaginario del famoso” Diario”.Il racconto inizia esattamente quella terribile mattina del4 agosto 1944, quando i soldati delle SS fecero irruzione nell’alloggio segreto, deportandone tutti gli abitanti. Sin dall’inizio del racconto, il lettore è pienamente consapevole della tragica conclusione della vicenda di Anna Frank, tuttavia , già dalle prime pagine, senza accorgersene, viene rapito non solo dall’energia e dalla forza di carattere della protagonista, ma anche dalla sua profonda fiducia “nell’intima bontà dell’uomo”. L’esperienza che si vive leggendo le pagine del romanzo è quella di una completa identificazione del lettore con l’amica Kitty, a cui si rivolge la protagonista. Ed è così che Anna ci prende per mano e ci porta con lei prima nel campo di transito di Westerbork, poi ad Auschwitz ed infine in quel di Bergen- Belsen, sua ultima dimora terrena. Se all’inizio dalle pagine traspaiono ancora un po’ di ottimismo ed ironia, col procedere dei drammatici eventi ed il peggioramento delle condizioni di prigionia, il racconto si fa più impegnativo. Eppure Anna cerca di essere il più lieve possibile, si scusa per la crudezza di certe descrizioni ed allo stesso tempo ci incoraggia a non desistere , ci vuole accanto a sé. Ed alla fine , con la sua grazia, la sua tenacia ,la sua voglia di vita di adolescente ormai adulta, riesce a condurci alla fine del suo viaggio. E se lei, pur allo stremo, fatica a lasciare questo mondo, anche il lettore non vorrebbe che lei smettesse di pensare e di sperare. Ora che siamo al termine di questo terribile viaggio, sembra essersi creato , come per magia, un legame indissolubile. Grazie Anna per aver ispirato queste toccanti pagine e per averci permesso ,ancora una volta,di non dimenticare. Nadia Bertolani Ricerca accurata, empatia, desiderio sincero di protrarre una vita oltre la fine sono sicuramente le motivazioni di questo lavoro interessante e commovente che si avvale di una scrittura attenta a seguire e non a coprire la voce di Anna Frank. Sembra infatti di leggere davvero le pagine mancanti e di ritrovare lo stesso linguaggio, fresco e maturo allo stesso tempo, che abbiamo imparato a conoscere. Dario Pezzella, con le parole e non con le immagini, dota Anna Frank dello stesso cappottino rosso che ci ha commosso nel celebre film in bianco e nero. Vittoria Lambrosini Libro intenso e appassionante da leggere con il cuore prima che con la mente. Ti cattura sin dalle prime pagine e ti accompagna per la vita. Sarà sicuramente un successo! Alessandro Furgiuele Amore per la vita e dramma, estasi e tormento, felicità e tragedia si consumano in un rogo che non cessa di ardere lasciando abbagliati gli occhi del lettore, il tutto si mescola in questo libro, che ripercorre e porta avanti, là dove cessava, quello che fu il diario più famoso della storia. Per non dimenticare! Mariano Lo Proto L'ho scritto già, mi ricordo, nel mio commento a questo libro, su questo sito, prima il sito stesso fosse aggiornato e con l'aggiornamento si fossero volatizzati (spero non per sempre) tutti i commenti (circa 200.000 dicono gli stessi responsabili del sito, se ho capito bene): questo libro, per la storia che rappresenta e per come è scritto, dovrebbe stare in tutte le biblioteche pubbliche e anche in quelle scolastiche. Per non dimenticare, e non dimenticando evitare che certe tragedie immani non accadano mai più. Grazie, Dario Pezzella, per questo stimolo. Congratulazioni vivissime all'autore. SD Grazie a questo libro, ricco di vicende, storielle e passaggi ben delineati, descritti e toccanti, l'autore si è talmente immedesimato in Anne Frank che il suo lavoro prende vita ogni pagina sempre di più. Sicuramente si tratta di un libro che consiglio a chiunque di leggere, per avvicinarsi non solo alla tematica della Shoah, ma anche alla vita di Anne Frank, simbolo della Shoah e voce di tutti quei bambini ancora oggi vittime di persecuzioni. Grazie Dario, per il tuo profondo impegno, generosità e per aver riempito le ultime pagine del Diario di Anne Frank.
QUESTA INVECE E' LA MIA PERSONALISSIMA RECENSIONE: Un libro già teatrale e, forse, cinematografico. Un’opera prima inedita, l’unico possibile seguito del diario più famoso della storia. Che sia un lavoro ispirato lo si capisce ancor prima di leggerlo, dal titolo; solo dopo si riesce a cogliere in tutte le sue profondità e sfumature, nelle sue atmosfere delicate, luminose o decadenti. La copertina si preannuncia come una carta colorata a quadretti (quella dell’originale diario di Anne Frank), con cui l’autore incarta idealmente il suo regalo per l’ottantaseiesimo compleanno della protagonista. Egli è riuscito a far coincidere il proprio universo interiore, il suo patrimonio di idee, di sentimenti e di speranze, miscelandole sapientemente con le reali vicende della protagonista e aggiungendoci un pizzico di storia, una spruzzata di poesia e d’immaginazione. Un testo gravido di contenuti, che spaziano in maniera semplice e onesta tra i sentimenti, la fede, l’ecumenismo, una fedele rappresentazione della vita dei lager e la storia della famiglia Frank. Con una scrittura scorrevole e coinvolgente i contenuti vengono esposti in maniera organica e lineare; ogni lettera trova la sua perfetta collocazione nei luoghi e nei tempi del racconto. Un’impresa titanica che avrebbe spiazzato anche il più abile degli scrittori. Un libro diverso, profondo, innovativo, magico, toccante, ispirato. Sin dall’incipit si capisce che il ritmo del testo, la cadenzatura delle parole, gli intercalari, riconducono immediatamente alla vera Anne Frank. In poche righe il lettore viene subito coinvolto e imprigionato nella sua semplice ingenuità, nel suo ottimismo, e viene condotto in un lungo viaggio di buoni sentimenti. Si riscopre meschino, pensando alla tragedia della Shoah, poi anch’egli prigioniero. Gli viene quasi voglia di fare qualcosa, ma non può far altro che continuare a leggere. Tra un’inevitabile pausa e un’altra, deve commuoversi o disperarsi. Sorridere o indignarsi. Questi momenti di rilassamento sono necessari per prepararlo a nuove emozioni. Poi la protagonista lo prende per mano e lo conduce in un immaginario viaggio tra i dolori e le bellezze della vita, passando per i desideri, le speranze, i ricordi. Il primo capitolo, Westerbork, è di facile lettura. “Guida e regolamento di Westerbork”, ad esempio, ripercorre esattamente “Guida e regolamento dell’Alloggio segreto” che Anne scrisse in clandestinità. Non mancano le arringhe, ancorché poste da un’adolescente fuori dal comune -mai ingenua e banale-, su cui tutti gli adulti dovrebbero soffermarsi a meditare. Posizioni sulle quali la protagonista sembra arroccarsi –in una polemica costruttiva- senza mai degenerare. Riflessioni –spiazzanti, ma non troppo- che potrebbero essere tranquillamente adattabili anche ai giorni nostri: sulla politica, sul matrimonio, la religione, l’uomo, la guerra. Una volta ad Auschwitz, Anne si lascia andare all’immaginazione. Nasce così il racconto del “Gatto Bruno”, direttamente collegato al già famoso 666, “numero della Bestia”. Anne che deve inventarsi un modo per tenere il conto dei giorni che passano o che s’improvvisa piccola artigiana per poter partecipare alle notti dei baratti. Pur se relegati in uno dei più terribili lager dell’Est, i suoi pensieri procedono sinuosi, in libertà, alla disperata ricerca di un approdo sicuro. Seguono anche dei momenti un po’ più duri, come la descrizione degli appelli, l’accoglienza, le punizioni, che, raccontati con gli occhi di un’adolescente, risultano smussati adeguatamente senza tradirne mai la crudezza e la realtà. Nell’ultima parte, Bergen-Belsen, la ritroviamo ripiegata su se stessa, ormai allo stremo delle forze, ma mai mentalmente doma. Anne cerca invano di rinchiudere in una sola cornice il bene e il male, sempre in attesa di risposte ai suoi tanti perché. E i suoi sogni riprendono fiato, pur se persi nel limbo della terribile prigionia. I pensieri sono un luogo magico: è in quella bolla che Anne si rifugia, cercando disperatamente di passare “dalla parte giusta dell’arcobaleno”, per salirci sopra, magari all’arrivo della primavera, per raggiungere Dio. L’incredibile seguito di “Una chiacchierona incorreggibile” è un’altra perla, –non una banale filastrocca- dove, in realtà, è rinchiusa tutta la storia di Anne e dell’Olocausto. Minuti di fantasia abilmente costruiti per tenere legati i fili di quelle profondissime riflessioni, ora irrefrenabili, ora più rilassate. Il destino ha preparato per lei un’ultima sorpresa: durante la prigionia riuscirà a incontrare perfino le sue amiche di scuola, Hanneli e Nanette, cui confida le pene e le sue attese per l’avvenire. Siamo al termine. E’ in questo momento che il testo raggiunge momenti di pathos autentico e coinvolgente. Ma nel libro non c’è mai spazio per il cupo pessimismo, poiché sempre controbilanciato da immensa fede e un grande amore per la vita. La freschezza emotiva della protagonista emerge incessantemente, ricca com’è di quell’enorme bagaglio di amore e buoni sentimenti, che sono stati tramandati dagli Hollander e dai Frank. Molto commovente la lettera tratta dal Diario di Margot Betti Frank che vale, da sola, l’acquisto del libro. «Lavorare su quelle “pagine bianche” è stato come cancellare il tempo e lo spazio. Partivo senza una rotta e senza una meta e cominciavo a riempire quegli spazi vuoti che si animavano con le geniali trovate di Anne e con le sue colorate intuizioni. Forse questo Diario è stato anche un mezzo per venire allo scoperto, per farmi ascoltare...» L’ultima preghiera è coinvolgente e calibrata. In precedenza, Anne sembrava essersi per la prima volta arresa; pareva che non ci fosse più spazio per una speranza ormai svuotata e disperata, che andava affievolendosi di pari passo con le energie fisiche dalla protagonista. Adesso, tuttavia, con quelle illusioni -che stavano per morire- la speranza risorge; la morte non è fuga e nemmeno libertà: è la soluzione, il punto di partenza per una nuova vita, fatta di luce, colore, immensità, amore. Così quelle mete da rincorrere, quei desideri da realizzare non svaniscono, ma si ricongiungono nell’Aldilà. “Le pagine bianche di Anne Frank” è il perfetto prolungamento di questi concetti, con cui l’autore, attraverso gli occhi della protagonista, mette in discussione gli uomini e la società e Dio è la destinazione ultima. Il finale, tenero e amaro allo stesso tempo, scorre veloce sulle corde delle emozioni. Inevitabile l’empatia con la protagonista; è quasi impossibile non lasciarsi sfuggire qualche lacrima. L’autore ci fa commuovere senza lasciare scampo; ed è giusto così: “Chi l’avrebbe mai detto? La “Ragazzina del diario” sta finalmente per smettere di scrivere. Che cosa rimarrà delle cose che ha fatto e di quelle che ha scritto? Sarà il futuro a dirlo e rimarranno solo delle pagine bianche che qualcun altro riempirà al posto suo. Forse davvero qualcun altro porterà a compimento il mio diario, dando un seguito alla mia storia.” Un capolavoro, nei tempi, nei modi, nelle idee e nella struttura del componimento. Un lavoro sì, ambizioso, partorito però con profondi e umili sentimenti. Chi l’ha scritto non vuole dimostrare niente, o, forse, solo che Anne Frank avrebbe mantenuto quel suo ottimismo nei confronti della vita anche dopo la prigionia. Solo i veri poeti sanno arrivare al cuore senza precipitare nella tragedia, mantenendone inalterati i toni. Un dipinto lessicale, un manifesto della gioia di vivere, nonostante tutto. Un intenso omaggio per non dimenticare. Uno di quei libri che prima ti avvolge e poi ti sconvolge; poi ti emoziona, ti turba e ti commuove. Uno di quegli scritti che resteranno per sempre.
Anne che guarda l'orologio..........hai ragione, Annina, sto per terminare.......... A tutti coloro che si sono "presi la briga" non solo di acquistare il libro, ma anche di leggerlo e poi di commentarlo, va il mio più sentito ringraziamento anche da parte di Anne Frank. Da lassù ci starà sicuramente guardando, sorridendo e annotando sul suo diario questa mia straordinaria storia. Un abbraccio a tutti e a sabato prossimo.